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Firenze : Arte, Storia, Cultura, Prodotti Tipici, Dove dormire, Dove mangiare, Cosa fare nella Provincia diFirenze.

Comuni

Comune di Firenze

LA FORMAZIONE DI FIRENZE E DEL SUO TERRITORIO

FIRENZE MURATA

Firenze nasce solo come colonia romana, nel 59 a.C., durante il periodo dell'anno, primaverile, dei 'ludi Florales' (da cui forse Florentia) e a pochi anni dopo risale il primo ponte sull'Arno, appena più a monte del ponte Vecchio. La pianta della nuova città era rettangolare, dal perimetro di circa 1800 metri, protetto da mura e torri cilindriche: due assi principali, il cardo (da nord a sud) e il decumano (da est a ovest) congiungevano le quattro porte e si incrociavano dove ora, in piazza della Repubblica, si trova la colonna con la statua dell'Abbondanza. Il percorso delle mura è ricalcabile anche oggi, sia pure con qualche approssimazione: iniziando dall'abside del Duomo si tratta di costeggiarne la fiancata sinistra, proseguendo poi per piazza S. Giovanni e via de' Cerretani e deviando quindi a sinistra per via de' Rondinelli e via de' Tornabuoni fino all'inizio di borgo Ss. Apostoli. Da qui le mura meridionali tagliavano verso la metà via delle Terme e piazza della Signoria, unendosi tra via de' Gondi e piazza S. Firenze a quelle orientali, che continuavano lungo via del Procònsolo fino a ritrovare, con l'abside del Duomo, il punto di partenza. La favorevole collocazione nel territorio favorì lo sviluppo di Florentia che, fra il II e il III secolo d.C., contava oltre 10 mila abitanti, disponeva di un porto fluviale (l'ansa semicircolare tra le vie dei Vagellai, Neri e Mosca), di un teatro e di un anfiteatro (I'ellisse formata da via Torta, via de' Bentaccordi, piazza de' Peruzzi).

Meno di 1000 abitanti conteneva invece, dopo la crisi dell'impero, la cerchia muraria bizantina (541-544), molto ridotta rispetto all'originaria. Marginale rimase la collocazione di Firenze anche al tempo dei ongobardi (la Roma;, vicina e bizantina, determinò lo spostamento verso occidente, sull'asse della Cisa, delle comunicazioni interne tra gli stati dei nuovi dominatori) e solo in epoca carolingia si manifestarono sintomi di ripresa: 2000 abitanti alla fine dell'VII1 secolo e quasi 5000 cento anni dopo, mentre la cinta muraria recuperava, a esclusione del lato nord, i limiti romani.

Dopo il Mille la città visse con intensa partecipazione le vicende della riforma ecclesiastica. affermandosi come imoortante polo religioso e quindi politico:'alla metà del secolo gli abitanti erano 20 milae, anche per timore di un intervento militare da parte di Enrico IV, la contessa Matilde decise (.1078), la co struzione di un nuovo perimetro murario. Era la 'cerchia antica', dal punto di vista di Dante, quantitativamente equivalente alla città romana e urbanisticamente omogenea, in quanto funzioni e significati non avevano luoghi deputati fissi e potevano mutare anche rapidamente: non c'erano piazze ma solo i sagrati delle tante chiese romaniche, apparivano le prime torri e le sole effettive emergenze erano rappresentate dal Battistero di S. Giovanni e da S. Lorenzo, prima cattedrale di Firenze.

IL COMUNE SI ESPANDE

Agli inizi del XII secolo l'organizzazione della società fiorentina poteva già dirsi un Comune, anche se il riconoscimento dell'imperatore verrà solo nel 1183. Il commercio e la produzione artigianale, strutturati nelle Arti, andavano conoscendo notevole espansione tanto da costituire assieme causa ed effetto di un grande incremento demografico. I nuovi abitanti andarono a occupare in prevalenza i borghi in sviluppo lungo le direttrici che si irradiavano dalle porte principali, ancora conservati nella toponomastica: borgo S. Lorenzo, borgo degli Albizi, borgo de' Greci, borgo S. Jacopo. Quando la popolazione raggiunse le 30 mila unità si rese necessaria, nel 1173, la costruzione di una più ampia cerchia che, estendendosi anche sulla sponda sinistra delllArno, fosse in grado di proteggerne i nuovi spazi abitati. Nel tessuto urbanistico spiccavano decine di torri: strutture appartenenti ai nobili e di funzione molto più militare che abitativa (tra le superstiti quelle dei Visdomini, in via delle Oche, e dei Baldovinetti, in borgo Ss. Apostoli).

Riappropriatosi del 'suo' contado, nel secolo successivo il Comune vide diversi scontri interni per il potere (tra nobili, borghesi, popolani, guelfi, ghibellini), destinati a concludersi di fatto con il prevalere del ceto produttivo: iniziò nel 1255 la costruzione del palazzo del Capitano del Popolo, poi detto il 'Bargello'. Lo sviluppo inarrestabile del commercio moltiplicò la potenza economica e finanziaria della città. Demograficamente si passò dai 50 mila abitanti del 1200 ai 75 mila del 1260, ai 100 mila del 1300 (quando Londra ne aveva la metà e Parigi il doppio). Lo sviluppo complessivo non si arrestò neppure in seguito alla sconfitta di Montaperti (1260) contro i ghibellini, cui fece seguito l'abbattimento di torri, case, palazzi.
Al Ponte Vecchio si affiancarono il ponte alla Carraia (1218-20). il oonte alle Grazie (1237) e quello a S. Trinità (1252). Tra le tipologie residenziali delle famiglie emergenti comparve il palazzo (dei Mozzi, dei Peruzzi, dei Frescobaldi), mentre tra le case comuni prese stabile forma il modulo con pochi metri di affaccio sulla strada, allungato all'interno dell'isolato, ancora facilmente riscontrabile nel centro storico.

Specularmente, a est e a ovest della città, nei cuore di rioni nuovi e popolosi, Domenicani (1221) e Francescani (1226) inserirono i loro conventi, attorno ai quali avrebbero poi edificato le basiliche di S. Maria Novella e S. Croce, con vastissime piazze.

Eccezionale, per quantità e qualità, fu l'attività costruttiva dell'ultimo ventennio del secolo, dominata dalla figura di Arnolfo. Del 1298 è il palazzo dei Priori (poi della Signoria), mentre nel 1284 prese avvio l'impresa, conclusa nel 1333, della nuova cinta muraria, alta 6 metri e con una torre ogni 120 (in via del Baluardo, dietro I'lstituto d'Arte, se ne vede il tratto in condizioni migliori), con un perimetro di quasi 9 chilometri. Vi vennero inglobate non soltanto le nuove aree edificate, ma anche grandi estensioni di verde in previsione di uno sviluppo ulteriore che diventerà effettivo solo dopo mezzo millennio.

Da questa vetta, di realizzazioni e di aspettative, Firenze iniziò in effetti a scendere subito per il concatenarsi di vari eventi negativi di grande portata: l'incendio del 1306, la carestia del 1315-17, l'alluvione del 1333, la peste del 1348. Alla metà del secolo la popolazione si era dimezzata e le condizioni economiche apparivano difficili. Sul piano urbanistico si registrò, più che sviluppo, il completamento dei grandi progetti pubblici già previsti, soprattutto sull'asse Duomo-palazzo dei Priori: campanile di Giotto (1334-59), loggia del Bigallo (1352-58), loggia della Signoria (1374-81), Orsanmichele (1337-1404). Altri interventi mirarono essenzialmente a rimediare, nei limiti del possibile, allo stravolgimento portato dai nuovi borghi rispetto alla regolarità della Firenze romana: ne venne ulteriormente definito un assetto destinato a durare nel tempo quanto le mura che lo racchiudevano. La stessa genialità di Brunelleschi si espresse, dalla cupola del Duomo a S. Lorenzo, all'interno di progetti e volumi preesistenti.

LA CITTA' DEI MEDICI

Mentre l'economia declinava, l'assetto politico procedeva, non senza contrasti, verso soluzioni autocratiche: da Cosimo il Vecchio (1389-1464) a Cosimo l(1519-74) il potere dei Medici, inizialmente indiretto, divenne sempre più esplicito fino ad assumere (1569) carattere istituzionale aperto. Nella prima fase, il riflesso architettonico dell'ascesa signorile esprime l'esigenza della visibilità del prestigio: il primo palazzo dei Medici (1444-64) è in via Larga (oggi via Cavour), che continua a nord il cardo romano e l'asse del potere politico-religioso costituito dal palazzo dei Priori e dal Duomo. L'edilizia privata tende a prevalere sulla pubblica, particolarmente con il definitivo affermarsi del palazzo quale modulo residenziale della ricca borghesia mercantile, soprattutto ai margini del vecchio centro (Strozzi, Rucellai, Guicciardini): i palazzi sorgono come volumi del tutto autonomi, che non generano nuove aggregazioni edilizie ma ne riassorbono di precedenti e di minor cubatura.

L'avanzata dei Medici subì comunque varie interruzioni, tra cui quella legata all'assedio del 1529-30 a opera delle truppe imperiali (con quasi totale demolizione delle costruzioni limitrofe alle mura), acquistando stabilità a partire dal rientro in Firenze di Alessandro (1531): la fortezza da Basso (1534) evidenzia la nuova esigenza del potere assoluto di guardarsi anche dall'interno. Cosimo I eredita una città di 60 mila abitanti, su cui interviene strategicamente per 'costruire', con indispensabile impronta di ordine e unitarietà, l'idea e l'immagine stessa dello Stato: Uffizi, ponte S. Trìnita, giardino di Bòboli, rifacimento di Palazzo Vecchio, dove si trasferisce nel 1540 trasformandolo in residenza del sovrano.

Anche con i suoi successori gli interventi edilizi non modificarono un impianto urbano ormai assestato, limitandosi in molti casi a operazioni di arredo, di stenografia: i tanti busti dei regnanti sulle porte dei palazzi, gli episodi manieristici (come lacasa-studio, del 1579, di Federico Zuccari, in via Giusti), le soluzioni sorprendenti del Buontalenti (il timpano spezzato e rovesciato sulla po;ta delle suppliche nel piazzale degli uffizi), gli allestimenti coreografici di giuochi e spettacoli (durante il regno di Cosimo Il 1609-21, per un'Argonautica' venne costruita in mezzo alllArno un'isoletta con un tempio che custodiva il Vello d'oro). Dopo il breve regno di Gian Gastone la Toscana passò nel 1737 ai Lorena e, con Pietro Leopoldo (1765-92), la soppressione di molti conventi consentì il loro riutilizzo come ospedali, ospizi, scuole.

Scelte urbanistiche notevoli non si manifestarono immediatamente né con Ferdinando Il1 né durante la dominazione francese: situazioni di governo che però tradussero il clima culturale nuovo in progetti di studio e intervento. Vennero così razionalmente individuati i nodi più rilevanti dell'assetto urbanistico della città, delegando le soluzioni ad appositi enti e istituzioni. All'impresa francese Séguin venne appaltata (1835) la realizzazione di due ponti sospesi in ferro (corrispondenti agli attuali ponti S. Niccolò e alla Vittoria), fu allargata via dei Calzaiuoli (1841), nacque un nuovo quartiere attorno a piazza dell'lndipendenza (1844-55) e un altro davanti alle Cascine (1850-55), dietro S. Maria Novella sorse (1848) la stazione ferroviaria 'Maria Antonia'.

La Società Anonima Edificatrice costruì (1849), ispirandosi a modelli belgi e francesi, le prime 'case per lavoratori', ancora intatte sul viale Strozzi. Firenze contava 73 mila abitanti nel 1810 e aveva raggiunto i 94 mila nel 1851.

NUOVI TEMPI, NUOVE FUNZIONI

Nel primo censimento della popolazione del regno unitario gli abitanti di Firenze, al 31 dicembre 1861, risultavano 114 568, ma erano già 146 441 quando la città divenne capitale d'ltalia e dovette accogliere, dal 1865 al 1870, più di 20 mila nuove presenze.

Nel 1861 gli stabilimenti fiorentini con più di 100 operai erano tre: il setificio Contini e le due case editrici Le Monnier e Barbera. Ottanta addetti contava la Fonderia del Pignone e 78 la Galileo: il tessuto produttivo caratterizzante continuava a essere composto dai vecchi laboratori artigiani con non più di 10 operai. Coinvolti nei giochi economici di grande scala erano in pratica solo il patriziato agrario e le varie banche e società anonime operanti sul versante della finanza. Sostanzialmente cinquecentesca appariva inoltre l'anima urbanistica di Firenze: equilibrata rispetto agli aspetti ancora preindustriali di 'clima' e contesto, ma assai carente rispetto a una modernità incalzante che richiedeva nuovi servizi e funzioni, spazi verdi fruibili da tutti, strutture igieniche e viabilità diversamente efficienti. Alle urgenze determinate dal nuovo ruolo di capitale d'ltalia si cercò di sopperire accogliendo le funzioni governative negli spazi resisi disponibili con I'esproprio ei beni ecclesiastici: I'lstruzione pubblica trovò così alloggio nel convento di S. Firenze, la Tesoreria generale nella Badia, il Ministero della Marina nel convento dei padri delle Missioni.

La necessità generalizzata di cambiamento determinò un clima complessivo di 'cantiere' che trovò il suo esecutore puntuale e strategico in Giuseppe Poggi (1811-1901): il suo progetto "di massima perl'ampliamento", venne elaborato in previsione di un incremento di 50 mila abitanti, cercando di riplasmare Firenze in capitale europea tramite una serie di grandi interventi strutturali. Il primo e più significativo consistette nell'abbattimento delle mura trecentesche, sul cui tracciato furono realizzati i viali di circonvallazione. Si salvarono solo le porte: tradotte però, da secolari nodi di transito, in nuovi arredi urbani monumentali al centro di ampie piazze.

Si trattò quindi di un trauma forte, anche simbolico e perfino microclimatico: con questa inedita esposizione della città all'azione dei venti terminava concretamente la medievalità fiorentina. L'abbattimento delle mura, compiuto dal 1865 al 1869, si inserì anche in un movimento internazionale di capitali: l'appalto dei lavori fu assegnato alla Florence Land and Public Works Company. L'edilizia che andò a occupare gli spazi ai due lati dei viali fu di carattere medio-alto ed esclusivamente residenziale, segnando così per Firenze la nascita , di una condizione abitativa 'periferica'. Un'altra nascita legata alle realizzazioni del Poggi fu quella del concetto di 'panorama sulla città', concepito con l'apertura di piazzale Michelangiolo e del viale dei Colli.

Importanti furono anche le costruzioni dei quartieri del Maglio e della Mattonaia, nonché vari interventi di rettificazione e ampliamento nel vecchio impianto viario.

Tanto slancio verso l'espansione dovette però ridimensionarsi dopo il 1870, con il trasferimento a Roma della capitale. Nel 1871 gli abitanti scesero a 167 999 dai quasi 200 mila dell'anno precedente, e molto pesanti furono le ripercussioni economiche: nel marzo 1878 il Comune dovette dichiarare fallimento; entrarono in crisi Cassa di Risparmio e vari istituti di credito; si videro obbligati a chiudere, almeno temporaneamente, molti teatri, negozi, istituzioni culturali. Vennero peraltro realizzati, tra il 1873 e il 1875, tre nuovi mercati (quelli ancora esistenti di S. Lorenzo e S. Ambrogio e quello, poi abolito, di S.Frediano), che finirono per avallare l'impresa di maggiore impegno di quegli anni: il 'risanamento' del centro che implicava appunto la demolizione del Mercato vecchio e del ghetto ebraico. Si trattava di un progetto annunciato da tempo e tema di forte dibattito in quanto la zona, corrispondente alla Firenze romana, era estremamente ricca di valori e memorie architettoniche ma si presentava quanto mai degradata, in condizioni considerate incompatibili con l'ambizione della città a collocarsi adeguatamente in un contesto europeo. Se per i viali il Poggi aveva guardato ai boulevard di Haussmann, per il ghetto il riferimento pertinente erano I misteri di Parigi di Eugène Sue. Il ghetto divenne anche un topos letterario popolare, praticato tra gli altri da Carolina Invernizio che lo definiva 'quartiere assolutamente pericoloso, centro di prostituzione, orrendo ricettacolo in cui la miseria e il furto tenevano le loro feste!

Alle motivazioni di 'risanamento' se ne affiancarono molte altre di natura speculativa e, in definitiva, l'operazione awiata nel 1885 significò la distruzione pressoché totale di edifici di grande rilevanza. Al loro posto sorsero volumi edilizi di fatto prestigiosi per costi e destinazioni d'uso: non certo accessibili al ceto popolare che vi abitava in precedenza, il quale, assieme a quello sfrattato durante gli sventramenti necessari per costruire i tre nuovi mercati, andò ad accrescere la densità dei quartieri di S. Croce e S. Frediano.

A partire dagli anni '80 dell'ottocento la crisi economica prese comunque ad attenuarsi, in particolare con il consolidarsi dei settori chimico e siderurgico. All'aprirsi del nuovo secolo la popolazione contava 200 mila unità: un incremento demografico ma anche emblematico della tendenza a uno sviluppo ormai complessivo e costante, sia pure secondo un percorso non lineare, inclusivo di fasi alterne e passaggi specifici.

Fino alla fine della seconda guerra mondiale, in effetti, il numero degli abitanti andò sempre aumentando: 232.860 nel 1911, 253.565 nel 1921, 316.350 nel 1931. L'industria trovò nell'economia cittadina, pur senza caratterizzarla, una sua identità precisa e qualificata. Molto altalenanti le vicende dell'artigianato, particolarmente promosso, dall'alto, durante il regime fascista. Determinante il ruolo assunto dal turismo, che dopo la fase ottocentesca delle presenze élitarie e spesso residenziali (soprattutto da parte della 'colonia' inglese) prese a procedere verso i grandi numeri: 105 914 presenze nel 1929, 160 221 nel 1933. Complessivamente, l'andamento economico segnò momenti di crisi in coincidenza con gli eventi bellici, anche se alcune aziende ne trassero temporaneo e 'particulare' profitto, così come notevoli difficoltà si presentarono alla metà degli anni '30. FIRENZE COLMATA

L'espansione urbana di questi anni non risultò da una volontà progettuale: fu una crescita a macchia d'olio nella pianura sulla traccia delle vecchie strade extraurbane, delle linee ferroviarie, del Campo di Marte. Solo nel 1924, a sessant'anni quindi dal piano Poggi, Firenze poté disporre di un Piano regolatore che restò in vigore fino al 1958 e non fece altro, in ultima analisi, che assecondare la tendenza al mero 'riempimento' degli spazi liberi. Nel panorama di sviluppo indifferenziato si distinsero unicamente gli spazi coperti dalle case popolari, dalle 'emergenze' di prestigio e dall'industria che, sia pure disordinatamente, andò attestandosi nella zona di Rifredi.

Dal 1905 al 1913 vennero costruiti 36 652 vani, 2000 dei quali erano i cosiddetti 'trenini', abitazioni operaie di due piani, a schiera e con piccolo giardino sul retro (come quelli dei ferrovieri in via Galliano). Grossi blocchi di carattere ancora più popolare erano già cresciuti altrove, come in via Monte Uliveto (1886), del Ponte sospeso (1888), Rubieri (1911), e altri ancora del tipo a 'blocco chiuso' vennero edificati durante il ventennio, in via Bronzino (1923) e via Erbosa (1932). Sul versante delle grandi opere di regime si contano lo stadio 'Giovanni Berta' (ora Comunale; 1932), la Biblioteca Nazionale (1935), la stazione di S. Maria Novella (1934-35), l'Accademia aeronautica delle Cascine (1937).

Il ritmo espansivo si interruppe forzatamente in conseguenza della guerra: nel 1945 Firenze contava 16 400 vani distrutti, 24 mila danneggiati, infrastrutture primarie, trasporti e servizi sanitari quasi azzerati, 150 mila disoccupati. Ma nel 1946 gli abitanti erano 390 972 e gli anni '50-'60 produssero, qui come in tutta Italia, mutazioni decisive: il settore secondario conobbe un incremento del 58'i0, tra i più alti della penisola, in larga parte per effetto dell'esodo dalle campagne che segnò la fine della mezzadria; la popolazione salì nel 1961 a 436 516 unità; il turismo decollò definitivamente come vera industria toccando punte di 2 milioni di presenze annue.

Anche a Firenze, come altrove, alla dinamicità del momento non corrispose la qualità della produzione edilizia. Tradito, più che inattuato, l'eccellente Piano regolatore del 1962, a parte episodi isolati come il quartiere Ina Casa dell'Isolotto (1951-52) si ebbero risposte architettonicamente meschine, frutto di appetiti speculativi, che cementificarono con grandi volumi seriali ogni periferia possibile: esemplare in merito la 'colmata' di Nòvoli.

Molto meno compatti rispetto all'era del boom sono stati i diversi processi che hanno contribuito a delineare il profilo contemporaneo di Firenze. L'inurbamento dalle campagne si è progressivamente esaurito e il numero degli abitanti è andato prima stabilizzandosi, quindi decrescendo in modo netto (457 803 nel 1971, 403 294 nel 1991, 352 227 nel 2001), per poi riprendere a salire, in ultimo, per effetto del flusso immigratorio. Molte industrie, in modo particolare dopo l'alluvione del 1966, si sono trasferite nei comuni limitrofi; l'occupazione nel terziario ha toccato il 70'b; il turismo ha valicato anche il tetto dei 6 milioni di presenze annue. La città è impegnata oggi a reagire tanto ai rischi di una 'banalizzazione terziaria' quanto all'angustia di una condizione urbana soffocata dal traffico, anche pedonale. Una miglior gestione dei flussi - delle automobili, dei mezzi pubblici, degli accessi ai monumenti, dei cittadini e dei turisti - può rendere Firenze ancor più piacevole per chiunque laviva, abitandola o visitandola. Segnali positivi non mancano.

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